Giovani vignaiole e vignaioli più talentuosi d'Italia "2022" - Wine Blog Roll - Il Blog del Vino Italiano

2023-01-05 17:27:50 By : Ms. Karen Xie

Wine Blog Roll – Il Blog del Vino Italiano

WineBlogRoll.com è il blog del vino italiano curato dal wineblogger e degustatore Francesco Saverio Russo. #WineIsSharing

Oltre alle mie consuete selezioni vini e ai territori da ri-scoprire, ho voluto concludere il 2022 appena trascorso e iniziare questo 2023 con uno slancio fresco, giovane e determinato attraverso una piccola lista di vignaiole e vignaioli capaci di stupirmi per passione, dedizione e talento nei 12 mesi appena trascorsi. Giovani produttori e giovani produttrici sui quali ho avuto modo di “scommettere” in tempi non sospetti ma che proprio nel 2022, a mio parere, hanno concretizzato la propria idea di vino in maniera netta e percettibile. A qualcuno ci è voluto qualche anno a qualcuno è bastato pochissimo ma, sono certo, che tutti continueranno a crescere nelle loro piccole realtà attraverso grandi vini frutto di una visione contemporanea e rispettosa, maturata grazie alle rispettive fondamentali esperienze e all’innata sensibilità interpretativa che li accomuna.

Marta Venica – Martissima (Collio – Friuli) – Il cognome tradisce le sue origini “enoiche”, ma la giovanissima Marta, nonostante il ruolo nella gestione agronomica dell’azienda di famiglia, ha sentito forte il bisogno di creare qualcosa di proprio, con un approccio che attinge alle sue fondamentali esperienze all’estero oltre a quelle maturate “in casa”. Un progetto che mira a valorizzare espressioni di territorio che partano dal rispetto per il vigneto e che prescindono la purezza varietale in favore di una più profonda identità di terroir. Il suo Collio Rosso (con vinificazione a grappolo intero, di stampo borgognone) è uno dei vini più assennati e contemporanei assaggiati negli ultimi anni! Marta, con il supporto del compagno Mitja Sirk, sta mandando messaggi in bottiglia di grande chiarezza. La speranza è che contribuiscano, seppur in piccola parte, a spronare il movimento vitivinicolo del Collio, che nei giovani può e deve trovare nuova linfa.

Paolo Creazzi – Ca’ dei Maghi (Valpolicella – Veneto): seguo le evoluzioni di Paolo sin dai suoi primi passi da “solista”, in una realtà che fa vino dal 1846, e ciò che mi ha subito colpito è stata la sua voglia di andare controcorrente senza dimenticare da dove si viene, anzi… risalendo la corrente fino alla fonte! L’azienda si chiama Ca’ Dei Maghi e si tratta di una storica realtà a conduzione familiare sulle colline di Fumane, in quella che tra le valli dell’areale risulta essere la più fresca, nonostante il periodo da me scelto per camminare le sue vigne non sia stato il migliore per comprenderne l’effettivo microclima. Di certo, però, ho potuto appurare l’attenzione e la cura con le quali Paolo gestisce una sana alternanza fra vecchi e nuovi impianti, in terrazzamenti manutenuti con grande sacrificio e ingenti investimenti che contemplano il ripristino dei tradizionali muretti a secco. A predominare e la pergola che conferma la sua attitudine a controbattere in maniera egregia ai cambiamenti climatici fornendo riparo (in altezza) dalle gelate tardive, copertura fogliare per i grappoli e ampia superficie per l’irradiamento, nonché un riparo dal sole questi archi verdi andrà a lavorare. Il segreto è ciò che si chiede a queste viti in quanto è il vignaiolo a decidere se pretendere dalla pergola quantità o qualità, ergo equilibrio. Paolo ha, ovviamente, optato per la seconda ma la sua visione vanta un approccio molto in linea con ciò che mi aspetto dai giovani produttori di questa particolare era enoica: attingere al meglio della tradizione e tradurlo con consapevolezza odierna al fine di ottenere una conduzione rispettosa e tecnicamente ben indirizzata dalla vigna alla bottiglia. Condiviso con lui la fiducia nel Valpolicella Superiore come interpretazione contemporanea di un territorio che gode ancora dei fasti dell’Amarone ma che può e deve svecchiarsi, traducendo la propria vocazione e la voglia di mettersi in gioco dei giovani produttori in vini di più agile beva, ma non per questo facili o esili. Paolo questo lo ha capito e, sono certo, che vi stupirà con i suoi vini e la sua visione.

Gian Marco Viano – Monte Maletto (Carema – Piemonte): Gian Marco è già noto agli appassionati e agli addetti ai lavori, per la sua storia e per il grande lavoro svolto per ri-valorizzare uno dei più suggestivi e vocati, ma anche difficili e onerosi territori vitivinicoli italiani: Carema. Nato ad Aosta nell’86, Gian Marco, vanta un passato come Sommelier in alcuni importanti stellati in Italia e all’estero. Esperienze che gli hanno permesso di maturare una sensibilità non comune nei confronti della degustazione ma fare vino è un’altra cosa e fare vigna lo è altrettanto, specie in un contesto complesso e peculiare come quello di Carema. Eppure, Gian Marco non sì lasciato spaventare dalla fatica e dalle sfide che gli si paravano di fronte. E’ lui il cuore pulsante dei giovani vignaioli di Carema (da poco eletto presidente dell’associazione “giovani vignaioli canavesani) e lo dimostrano i suoi vini, coraggiosi dalla vigna al bicchiere, con la fondamentale visione “open mind” di chi ha assaggiato tanto e vuole guardare avanti senza ledere il legame con la tradizionale. Un talento che coniuga sensibilità interpretativa e operosità, che farà ancora parlare di sé, sospinto da un territorio che – anche grazie a lui – sta vivendo un vero e proprio rinascimento enoico.

Francesco Cerri e Gianna Zito – La Mursa (Isola di Capraia – Toscana) – Una coppia di vignaioli, una famiglia, isolana e “isolata” ma capace di aprirsi al mondo con dei vini freschi, solari, concreti, intrisi di un’identità senza tempo, a confine fra la più coerente classicità e la più decisa avanguardia enoica. Tutto ha inizio grazie alla passione di Francesco, giovane capraiese, innamorato della sua isola dove vive nonostante le difficoltà e l’”isolamento” di un contesto che, purtroppo, è lasciato un po’ a sé stesso dalle istituzioni. Solo qualche anno fa Francesco decide di recuperare una parte dei terrazzamenti anticamente abbandonati dall’ex Colonia Penale per creare un orto (per una piccola produzione a KM 0 da vendere nell’alimentari dei genitori) e vigneto atto a produrre una manciata di bottiglie di vini che dovevano essere l’espressione più schietta e nitida dell’essenza e del potenziale dell’isola. Il motore di tutto, però, non è stato il solo amore per Capraia! La scintilla che ha reso ancor più sicuro della sua impresa Francesco è stato l’incontro con Gianna, giovane insegnante arrivata dalla Puglia per insegnare in Capraia. Oggi, a distanza di qualche anno, la micro azienda La Mursa dispone di qualche migliaio di metri di impianti arrampicati sulle terrazze che disegnano la cima vulcanica dell’isola e la giovane coppia ha già dato alla luce il futuro erede di questa vera e propria impresa! Ecco quindi che, coadiuvati dalla saggezza di Stefano (padre di Francesco e fornaio dell’isola), i vigneti di Grenache (tipica di quest’isola che è molto più vicina alla Corsica che a Livorno) cominciano a dare i loro primi frutti dando origine al primo vino de La Mursa: il Sulàna.

I ragazzi e i loro vini hanno personalità da vendere! Sulàna e Ventigghjatu sono tra i migliori assaggi dell’anno a mani basse!

Ginevra Coppacchioli – Coppacchioli Tattini (Cupi – Marche) – Ne scrissi per primo anni fa scommettendo non tanto su ciò che avevo avuto modo di assaggiare, bensì su quelle vigne a 1000 metri slm e sulla passione che leggevo negli occhi della poco più che ventenne vignaiola a Cupi.

Ricordo ancora vivida l’emozione provata nel contrasto ossimorico che sussiste nel passare attraverso un cimitero dilaniato dal terremoto per arrivare a quello spettacolo tanto inatteso quanto meraviglioso dato dalle vecchie viti maritate agli aceri campestri e ai mandorli. Un simbolo nefasto reso luminoso dal simbolo della vitalità che noncurante del passare del tempo e delle calamità naturali ha continuato ad arrampicarsi su quegli alberi e a produrre i suoi frutti. E’ proprio quel vigneto il valore aggiunto di un luogo che già di per sé avrebbe visto nella sua eccezionale collocazione un motivo di unicità. Quelle piante di Pecorino hanno dato vita al Primo di Cupi, Pecorino in purezza che mostra quanto con buonissime probabilità il clone storicamente allevato in questa zona fosse diverso da quello del vigneto madre di Arquata del Tronto, facendo del vigneto di Cupi un secondo vigneto madre per una tipologia di uva che meriterebbe maggiori approfondimenti genetici ma che, intanto, stupisce nel calice per integrità ed equilibrio nonostante l’altitudine. Ero preoccupato, non lo nego! Avevo letto del Pecorino di queste zone (in scritti del ‘700 appare la denominazione catastali “le vigne” a testimonianza della presenza di vigneti nella zona), detto “Vissanello”, e di quanto fosse considerato “verde”, “aspro” perché non in grado di maturare ma con buone probabilità una conduzione agronomica più accorta e gli esiti (in questo caso positivi) dei cambiamenti climatici hanno portato le uve del vigneto di Ginevra a poter anelare a una piena maturazione, mantenendo una notevole freschezza e facendo pensare che il microclima unico fatto di tanta luce e importanti escursioni termiche possa rappresentare l’alleato ideale per osare ancor di più nella produzione di questo vino. Oltre al Pecorino, la sfida contempla Pinot Nero e Chardonnay, allevati dapprima per la produzione di sferzanti metodo classico e, successivamente, per interpretazioni ferme.

Questo è stato l’anno della quadratura del cerchio per Ginevra e i suoi vini, con una netta crescita qualitativa sui metodo classico, sul Pinot Nero e sul Pecorino (Vissanello), con l’arrivo, inoltre, di nuove referenze (un Pecorino Metodo Classico e uno Chardonnay fermo). Le produzioni sono minime ma la piccola azienda marchigiana è già conferma di non essere una meteora e di poter contare su ben più dell’altitudine.

Peter Radovic – Radovic (Carso – Venezia-Giulia) – Ho atteso più di un anno e mezzo dal primo assaggio dei vini di Peter Radovic e dal mio primo post sui social in cui scrivevo in maniera spontanea ed estemporanea “è nata una stella!”. Parole che da parte non erano mai state espresse con quella convinzione, in questi anni di viaggi per vigne e cantine. Peter è un giovanissimo vignaiolo carsolino, proprietario, assieme alla sua famiglia, della piccola Az. Agr. Radovic, che conta poco più di 1ha di vigneto, con rese molto base (40/50 q/ha). Fu il bisnonno Ivan a iniziare con il vino, prodotto principalmente per autoconsumo, per vendere quel poco che ne rimaneva in osteria. In mezzo l’allevamento e la produzione di olio, capitoli importanti della storia dei Radovic, che oggi vedono in Peter il presente e il futuro in termini vitivinicoli. Quello del Carso è un territorio ostico, complesso, di quelli che sulla carta pochi vorrebbero avere se non quei vignaioli eroici che scorgono oltre la difficoltà quelle connotazioni uniche di identità e personalità che solo queste terre sanno conferire al vino. Le prime a fare fatica sono le viti, che affondano le proprie tenaci radici nel terreno calcareo e roccioso tipico della zona, con un substrato fertile bassissimo, messo a dura prova dal vento. Sì, il vento che qui porta il nome della “Bora”. Un vento di caduta, che soffia a raffiche e abbinato alle basse temperature può nuocere ai germogli, oltre a consumare gli esigui strati di terra superficiale, ma che permette anche salubrità delle uve, asciugando continuamente i vigneti. Emblema dell’eroicità dei vignaioli carsolini sono i “pastini”, terrazzamenti pendenti sui costoni carsici, con substrati limoso-argillosi, tenuti in piedi dai tipici muretti a secco. Vento ed equilibrio che sono alla base della vita del vignaiolo-surfer Peter Radovic, capace di portare in bottiglia vini dalla personalità marcata prodotti dalle uve tipiche del territorio come Vitovska, Malvasia Istriana, Terrano e una selezione di varietà ancora non riconosciute trovate in un vecchio pastino.  Un talento luminoso, quasi sfrontato tanto gli piace sperimentare, anche a costo di produrre manciate di bottiglie per referenza. Tra gli “esperimenti” stappati quest’anno è la sua cuvée di annate in stile “ossidativo” Euforja ‘9’8’0 ha stupire per complessità e personalità. Ben più di un esercizio di stile!

Giulia dell’Erba – Az. Agr. Dell’Erba (Riviera Ligure di Ponente) – Il mio incontro con la giovane Giulia e suo padre è stato inatteso, seppur sperato. Un incontro arrivato agli albori di una piccola realtà che aveva da poco imbottigliato le prime annate dei propri vini. Giulia è un architetto paesaggista e ora disegna la terra con il tratto diritto e sicuro dei suoi filari; Giulia ha girato il mondo ma poi è tornata a casa, nelle vigne del nonno, con suo padre a darle man forte e una passione fervente che pervade ogni sua parola e ogni suo gesto. La vigna è il suo porto sicuro, il vino la sua ancora. Giulia ha attraversato momenti non semplici ma ora ha una strada luminosa davanti a sé e io sono certo che attraverso la sincerità del suo Vermentino “Soffio di Ponente”, nitido e vibrante, e del suo Pigato “Mareggio”, solare e iodato, nonché con il nuovo arrivato Rosato “Rugiada” (dal raro vitigno Rossese di Campochiesa) desterà l’attenzione di molti.

La giovanissima vignaiola ligure della Riviera di Ponente ha deciso di dedicare anima e corpo alla vigna e alla produzione dei suoi vini, per fuggire da un mondo che le stava stretto. Tornata alle sue origini e a quei vigneti del nonno in cui scorrazzava da bambina, oggi si pone come una delle novità più interessanti del panorama bianchista ligure.

Giacomo Baraldo (San Casciano dei Bagni – Toscana): Giacomo, classe ’86, si è laureato in viticoltura ed enologia nel 2012 e, con alle spalle già una vendemmia a Trinoro, decide che per poter produrre grandi vini “a casa sua” doveva prima girare le vigne e le cantine di alcuni dei principali territori vitivinicoli mondiali. E’ così che dalla sua San Casciano dei Bagni partì alla volta delle Graves di Bordeaux, dove in 3 mesi ebbe modo di entrare nella mentalità agronomica, enologica e commerciale dello storico areale francese. Oggi produce con grande sensibilità interpretativa vini di territorio applicando tutto il know how acquisito nelle sue esperienze lavorative, come la fermentazione in vigna (mutuata dal progetto del Pinot Nero 18.5k che porta avanti in Nuova Zelanda), unico modo per permettere alla fermentazione di avviarsi in maniera realmente spontanea, eliminando la possibilità che a partire siano le popolazioni di cantina. Un talento che stupisce con i suoi diversi Cru di Sangiovese (Bossolo, Caccialupi, Pozzone) e uno Chardonnay (L’Affacciatoio) sferzante e vibrante, ma al contempo di grande eleganza. Andatelo a trovare! Le sue vigne, i suoi vini e la cucina del ristorante di famiglia valgono il viaggio.

Giovanni Picirillo – Masseria Picirillo (Caiazzo/Caserta – Campania): Il giovane, ma già esperto, enologo Giovanni Piccirillo, dopo gli studi di enologia e le esperienze di lavoro in Francia (Bordeaux), ha preso in mano le redini della piccola azienda di famiglia a Caiazzo: Masseria Piccirillo. Grazie alle competenze acquisite e a una visione rispettosa e illuminata della produzione dalla vigna al bicchiere, ha deciso di scommettere sulle varietà della propria terra, ovvero Pallagrello bianco, Pallagrello Nero e Casavecchia. In pochi anni ha già fatto percepire il cambio di marcia ma sono convinto che il meglio debba ancora venire! Da seguire con attenzione.

Francesca Fiasco (Felitto – Cilento – Campania): seguo l’evolversi di Francesca e della piccola azienda vitivinicola che porta il suo nome da ben prima che le sue prime annate uscissero sul mercato. E’ stata fortuna, ma non è sempre detto che arrivare per primi significhi scoprire una realtà che avrà costanza e capacità di crescita. Ecco perché ho atteso che la giovane vignaiola campana infilasse almeno un paio di annate capaci più che soddisfacenti per annoverarla fra i “nuovi” talenti enoici da seguire. Siamo a Felitto, piccola cittadina adagiata su di una collina a ca. 300m slm. Qui Francesca, giovane e volenterosa vignaiola, coadiuvata dalla sua famiglia, ha messo in piedi una piccola cantina, contornata dalle vigne del nonno e da alcuni nuovi impianti. L’idea della della produttrice cilentana (classe ’87) nasce nel 2013, ma è solo dopo un paio di anni che iniziano i lavori per la costruzione della sua piccola ma funzionale struttura di vinificazione in cui è completamente autonoma. Un’idea che non è giunta dal nulla, in quanto c’è sempre stato un vignaiolo nella vita di Francesca: suo nonno Luigi (classe ’31). E’ stato proprio lui a trasmetterle i rudimenti della viticoltura e , ancora oggi, supervisiona l’andamento stagione del vigneto nonché il lavoro di sua nipote. Ecco, quindi, che da un sogno e dalla passione tramandata dai nonni Francesca, oggi, si trova a coltivare i suoi 6 ettari di vigna dove troviamo varietali come l’Aglianicone, l’Aglianico, il Cabernet Sauvignon, il Sangiovese, il Barbera, il Merlot, il Coda di Volpe e il Fiano, oltre ad alcuni vecchi ceppi di cloni e biotipi dei quali ancora non si conosce con certezza la tipologia. Il suo bianco “Lapazio” è una scoperta continua e i suoi tre rossi sono intriganti e di grande personalità. Vini che vanno oltre il varietale e puntano dritti alla territorialità. Da seguire!

Colgo l’occasione per ricordarvi che alcuni dei vignaioli citati saranno presenti al prossimo Only Wine, il Salone Nazionale dei giovani vignaioli e delle piccole cantine d’Italia, grazie al quale, in qualità di selezionatore, ho avuto modo di conoscere e far conoscere centinaia di ragazzi e ragazze che della vigna e del vino hanno fatto la propria vita. La selezione dei 100 partecipanti alla 10° edizione del festival sarà resa pubblica entro poche settimane sui miei canali web e social e, ovviamente, sul sito ufficiale della manifestazione www.onlywinefestival.it.

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